30/04/2024
Formata nell’ottobre del 2021, la Commissione ministeriale presieduta da Renato Bricchetti ha recentemente concluso i lavori circa la stesura del testo normativo. Gli interventi erano stati avviati con lo scopo di riformare una parte dei reati fallimentari con l’articolato del 2022, in attuazione delle discipline previste dalla direttiva Insolvency. La recente ricostituzione della commissione fonda le sue radici nella necessità della definizione di una proposta legislativa definitiva, sulla base dell’<<esigenza di svolgere un esame approfondito dell’articolato redatto dalla citata Commissione, al fine di mettere a punto ogni opportuno intervento di integrazione e coordinamento normativo>>. Il provvedimento di riforma si compone di quattro macro articoli, affrontando quelle che – nel corso degli anni – sono state le difficoltà emerse nell’applicazione della legge sui reati fallimentari. Il nuovo testo incide in maniera importante su elementi quali, ad esempio, la bancarotta fraudolenta (mantenendo la pena massima di quindici anni, dieci anni nella forma base e ulteriori cinque se il danno causato risulti essere particolarmente grave) o su qualsiasi attività di dissimulazione, distruzione o dissipazione del patrimonio, ribadendo come questi reati – per essere considerati tali – debbano palesare dei tratti di concreta pericolosità. Nella definizione delle attività identificabili come reati è centrale la figura del dolo, attraverso il quale si rende possibile la persecuzione dei soggetti che hanno contribuito in maniera manifesta al dissesto della società. Tra le novità più importanti che la riforma Bricchetti decide di introdurre riguarda alle cause di non punibilità e alle attenuanti. È, infatti, esentato dalla condanna di bancarotta (o, alternativamente, godere di attenuanti) il soggetto che – prima della sentenza di liquidazione – ha riparato il danno o rimosso il pericolo. Ancora, se il danno causato non è particolarmente grave e la condotta non è abituale, è ammessa l’applicazione dell’istituto di non punibilità per tenuità del fatto. Pertanto, è chiaro come il ruolo del consulente sia destinato ad acquisire ancora più rilevanza dinanzi a interventi legislativi spesso importanti e costanti.
SENTENZA CASSAZIONE 19 APRILE 2024 SULLA BANCAROTTA DOCUMENTALE
Con sentenza dello scorso 19 aprile, la Corte di Cassazione torna sul tema dei reati fallimentari. La Suprema Corte fa riferimento a quella che dovrebbe essere l’importanza da attribuire agli atti di disposizione posti in essere in periodi di ordinaria amministrazione dell’impresa, al fine di non arrecare un danno ai creditori. L’intervento della Quinta Sezione Penale, quindi, annulla la sentenza della Corte d’appello di Caltanisetta (la quale è invitata al riesame) limitatamente a quella che è la parte relativa alla bancarotta fraudolenta documentale. Di seguito riportiamo i passaggi che sottolineano la motivazione del provvedimento: “Ciò considerato, ove vi sia uno stretto rapporto cronologico tra l’atto dispositivo che diminuisce la garanzia dei creditori rispetto alla successiva procedura concorsuale, la manifestazione dei presupposti storici di questa (nella forma della crisi di impresa o in quella della insolvenza o del dissesto) rende particolarmente agevole la ricostruzione della fattispecie normativa con riferimento al caso concreto, poiché diviene del tutto evidente la natura non solo pericolosa ma anche concretamente depauperativa dell’azione e la rimproverabilità soggettiva del suo autore che, della determinazione del pericolo, non può protestare un’imputazione a titolo di responsabilità oggettiva (Sez. 5, n. 533 del 14/10/2016, dep. 2017, Rv. 269019).” e prosegue: “Ciò considerato, in linea generale, lo scopo di recare danno ai creditori impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali può essere desunto dalla complessiva ricostruzione della vicenda e dalle circostanze del fatto che ne caratterizzano la valenza fraudolenta colorando di specificità l’elemento soggettivo, che, pertanto, può essere ricostruito sull’attitudine del dato a evidenziare la finalizzazione del comportamento omissivo all’occultamento delle vicende gestionali (Sez. 5, n. 10968 del 31/01/2023, Di Petra, Rv. 284304). Ebbene, da un canto, la Corte territoriale non ha alcun modo motivato in ordine alla pur ritenuta fraudolenza dell’intento, ma ne ha anche prospettato la sussistenza in termini di dolo generico, ipotizzando che la volontarietà dell’omessa tenuta delle scritture contabili fosse elemento sufficiente per dimostrare la “consapevolezza” di rendere impossibile o significativamente difficoltosa la ricostruzione delle vicende societarie.”