14/05/2024

 

Nel giugno del 2022 il GIP del tribunale di Milano ha emesso una sentenza che condannava in primo grado la persona fisica e la s.r.l unipersonale in presunzione del reato ai sensi dell’art. 258, comma 4 d.lgs. 152/2006 (Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque effettua il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all'articolo 193 o senza i documenti sostitutivi ivi previsti, ovvero riporta nel formulario stesso dati incompleti o inesatti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a diecimila euro. Si applica la pena dell'articolo 483 del codice penale nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a chi nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto) nel merito di formulari di identificazione dei rifiuti, riconosciuti come falsi, che ne attestavano lo smaltimento.

È recente, invece, la sentenza della Corte d’Appello di Milano attraverso la quale si è pronunciata nel merito della vicenda e della responsabilità da reato dell’ente. Quest’ultima risulta interessante in materia di 231 per i diversi punti che la Corte ha esaminato nel formulare la sentenza: la rilevanza penale dei formulari, il principio di legalità in materia di responsabilità da reato degli enti previsto dal d.lgs. 231/2001, la disciplina sulla successione di leggi nel tempo e la relativa abolitio dell’illecito contestato all’ente, l’assenza della colpa di organizzazione quale elemento costitutivo del 231.

La Corte di Appello ha quindi sentenziato l’esclusione della responsabilità da reato dell’ente, avendo ritenuto impossibile attribuire allo stesso la predisposizione dei formulari falsi, al netto del principio di legalità dettato dall’art. 2 d.lgs. 231/2001.

 

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