La materia dei reati fallimentari – già di per sé “storicamente” tra le «più spinose del diritto penale» – si caratterizza oggi per ulteriori profili di problematicità, dischiusi da un diritto penale sempre più orientato verso l’idealtipo del reato economico, del c.d. “white collar crime”, il cui autore agisce mediante condotte complesse, sovente altamente tecniche, e ricostruite come penalmente rilevanti alla luce di una pletora di disposizioni normative, rendendo così l’illecito penale altamente “artificiale”.
La nostra assistenza tecnica si riferisce a fatti di rilevanza penale commessi nel corso dell’attività di impresa svolta in forma collettiva in epoca antecedente o coeva alla liquidazione giudiziale (già sentenza dichiarativa di fallimento), ovvero per i reati consumati nel corso delle procedure concorsuali regolamentate, a far data dal 15 luglio 2022, dal Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza, le cui disposizioni di carattere penale si pongono in sostanziale continuità normativa con quelle regolamentate dal R. D. 16 marzo 1942, n. 267, ad eccezione di alcune misure premiali che incidono sul processo penale, delle quali possono beneficiare imprenditori individuali o amministratori di società che si rivolgano agli Organismi preposti dalla legge per evitare l’insolvenza, agevolando cosi il componimento bonario e non contenzioso della crisi.
Le fattispecie di reato più comunemente trattate sono quelle di bancarotta fraudolenta patrimoniale o documentale, particolarmente gravi in termini di risposta sanzionatoria, di bancarotta preferenziale e di bancarotta semplice (documentale o patrimoniale), riferita a quei fatti di reato che possono essere contestati, sia all’imprenditore individuale o al suo institore, sia, nella bancarotta c.d. impropria, agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci ed ai liquidatori di società, con le specificità dettate dalla posizione di garanzia che ciascuna figura assume rispetto alla tutela gli interessi del ceto creditorio.
Considerato che nella prassi giudiziaria l’indagine penale sui reati fallimentari nella quasi totalità dei casi trae origine dalla relazione che il Curatore trasmette all’Ufficio del PM territorialmente competente, per scrutinare gli aspetti di criticità nella gestione dell’impresa in crisi che potrebbero assumere rilevanza in sede penale, la nostra assistenza tecnica interviene in sede penale, sin dalla fase delle indagini preliminari, per poter contrastare, con validi argomenti di natura tecnico-contabile o in termini di insussistenza della condotta tipica, l’ipotesi di reato che sarà formulata dalla Procura ricevente la notizia di reato, al fine di escludere o limitare la penale responsabilità dell’indagato o quanto meno la natura fraudolenta dell’azione od omissione, utile alla derubricazione dell’originaria incolpazione in una ipotesi di reato fallimentare meno afflittiva.
Quando i tempi e le logiche economiche (spesso meno raffinate delle ricostruzioni giuridiche, ma molto più dinamiche e “brucianti”) vengono poi valutate alla luce di ulteriori elementi acquisiti solo ex post quando i profili di maggiore complessità pratica del tema si appalesano completamente.
Ruolo del consulente tecnico di parte nei processi di bancarotta
Il consulente tecnico di parte nell’ambito dei procedimenti penali per reati di bancarotta offre il suo contributo per esaminare la documentazione contabile dell’impresa fallita ed eventuali altri atti e/o documenti, al fine di chiarire:
- da quando la società fallita si trovava in stato di insolvenza, evidenziandone le cause;
- quali fatti, atti o operazioni abbiano depauperato il patrimonio sociale della fallita e quali soggetti ne abbiano beneficiato e se sia stata intaccata la garanzia patrimoniale dei creditori, per contrastare le tesi accusatorie;
- che prima o durante la procedura fallimentare non vi siano stati pagamenti o simulazione di titoli di prelazione a danno dei creditori;
- che non vi siano stati atti fraudolenti di sottrazione, distruzione o falsificazione, totale o parziale, dei libri e delle scritture contabili; ovvero questi siano stati tenuti in modo corretto da rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari;
- la correttezza dell’operato l’organo amministrativo in relazione al ricorso al credito;
- l’assenza di operazioni dolose;
- la diligenza avuta nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico e che siano stati esposti fatti rispondenti al vero senza omissioni rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società fallita e se gli stessi siano concretamente idonei ad indurre in errore ed abbiano fatto conseguire ingiusti profitti;
- che non siano stati sottratti o destinati a fini estranei a quelli dell’impresa beni o diritti dell’impresa stessa; che non siano stati effettuati pagamenti o prelevamenti di somme di denaro da destinare a finalità estranee all’impresa ovvero ad altre diminuzioni illecite del patrimonio dell’impresa;
- che in relazione ai beni e ai diritti dell’impresa non siano stati compiuti atti di distruzione parziale o totale o comunque che non abbiano comportato la perdita di valore economico dei beni o dei diritti;
- che, in relazione ai beni e ai diritti dell’impresa, non siano stati compiuti atti a titolo gratuito o oneroso che abbiano comportato lo sperpero, l’abbandono o la dilapidazione dei beni stessi per scopi estranei a quelli dell’impresa;
- che non siano stati compiuti atti materiali o atti e negozi giuridici diretti ad occultare beni e diritti dell’impresa ovvero a simularne il trasferimento della proprietà o di altro diritto che abbiano comportato l’estromissione dei beni dal patrimonio dell’impresa;
- che non siano state esposte passività inesistenti nei libri o nelle scritture contabili dell’impresa o mediante la stipulazione di contratti o di altri atti giuridici, evidenziando l’assenza di pregiudizio per i creditori.